Lo Studio guarda con particolare attenzione agli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al processo tradizionale.

“La Giustizia in Italia è troppo lenta”, “i Tribunali italiani sono ingolfati da montagne di fascicoli”, “l’inefficienza del sistema Giustizia italiano scoraggia gli investitori stranieri”, sono tutte affermazioni assolutamente condivisibili.

La lentezza del processo è in sé ingiustizia. Vedersi riconoscere un proprio diritto dopo 6/8 anni dalla richiesta può essere tardi, specie laddove si verta in materia di crediti; un imprenditore commerciale rischia di soccombere, travolto dalle esigenze di mercato, ancor prima di sentir dichiarare fondata la sua pretesa nei confronti del suo debitore.

Preso atto delle difficoltà connesse ad un massiccio potenziamento della macchina della Giustizia attraverso l’ampliamento degli organici della Magistratura e delle figure professionali ausiliarie, evidentemente incompatibile con le esigenze di risparmio della spesa pubblica, la politica legislativa degli ultimi anni, prendendo anche spunto da ordinamenti di altri Stati, ha privilegiato la via della degiurisdizionalizzazione delle controversie, accompagnandola peraltro a disposizioni di natura fiscale premianti per chi ne fa uso e, per converso, penalizzanti per chi sceglie invece di rivolgersi al giudice.

L’introduzione di strumenti di tipo “deflattivo”, che scoraggiano il ricorso al processo offrendo ai contendenti strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, riduce il contenzioso in entrata. Si tratta, in effetti, di strumenti attraverso i quali la lite viene definita (o addirittura evitata) fuori dalle aule di giustizia.