La legge italiana non parla esplicitamente di “divorzio”, ma di “scioglimento” laddove si tratti di matrimonio civile o di “cessazione degli effetti civili” laddove si tratti, invece, di matrimonio religioso trascritto nei registri dello stato civile.

È ovvio, infatti, che la giurisdizione dello Stato se può senz’altro sciogliere un matrimonio civile non può, invece, sciogliere quello religioso, di cui può unicamente ordinare la cessazione degli effetti civili (permangono quindi gli effetti religiosi).

Su istanza di uno dei coniugi, il Tribunale pronuncia lo scioglimento del matrimonio civile (o la cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso) quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l’esistenza di una delle cause previste dall’art. 3 della legge n. 898/1970.

La più diffusa di tali cause di divorzio è, senza dubbio, la sussistenza di una precedente separazione, giudiziale o consensuale, fra i coniugi.

In tal caso, perché si possa proporre la domanda di divorzio, la separazione deve essersi protratta ininterrottamente da almeno dodici mesi (se si tratta di separazione giudiziale) o sei mesi (se si tratta di separazione consensuale) a decorrere dalla data dell’udienza di comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale o dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita o, ancora, dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.

Nel caso in cui ci sia stata la riconciliazione o comunque un’interruzione della separazione, viene meno il presupposto per richiedere il divorzio.Ma al divorzio si può pervenire, a prescindere da una separazione, anche per le seguenti ulteriori cause:

– in caso di condanna dell’altro coniuge ad una pena superiore a 15 anni per delitti non colposi;

– in caso di condanna dell’altro coniuge ad una pena detentiva (o di sua assoluzione per vizio totale di mente o di sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato) per i reati di incesto, di violenza carnale, di atti di libidine violenti, di ratto a fine di libidine, di induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;

– in caso di condanna dell’altro coniuge per omicidio volontario di un figlio, per tentato omicidio del coniuge o di un figlio, per lesioni personali (ricorrendo determinate condizioni) in danno del coniuge o di un figlio,

– nel caso in cui l’altro coniuge, cittadino straniero, abbia ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o abbia contratto all’estero un nuovo matrimonio;

– nel caso in cui il matrimonio non sia stato consumato;

– nel caso sia intervenuta sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso.


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